Miniero R¹, Sanseviero MT², Giancotta C², Talarico V³, Chiarello P³, Zampogna S³, Galati MC4, Salerno D5, Raiola G³
¹Dipartimento Materno Infantile, Azienda
Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro
²Scuola di Specializzazione in Pediatria.
Università “Magna Graecia”, Catanzaro
³SOC Pediatria, Azienda Ospedaliera
“Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro
4 SOC Oncoematologia Pediatria, Azienda
Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro
5 SOC Chirurgia Pediatrica. Azienda Ospedaliera
“Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro
Riassunto
La tossicità del sale da cucina è, ad oggi, una problematica sottovalutata sia dai genitori, che non pensano che un comune condimento possa risultare un possibile veleno, ma anche dai medici dell’emergenza, che possono sottovalutare il rischio da intossicazione acuta.
La letteratura mostra dati molto chiari, dalle prime segnalazioni del 1912 fino a oggi. I casi riportati coinvolgono prevalentemente i bambini più piccoli, di età inferiore a 3-5 anni, con raggiungimento di livelli di sodiemia variabile tra i 160 a 274 mEq/l.
La causa più frequente è la sostituzione involontaria dello zucchero nel latte con il sale da cucina o l’utilizzo incongruo come emetico.
La quantità di sale da cucina che potrebbe essere fatale per un neonato o bambino varia da 0,75 a 3 gr/kg nell’arco di 4 ore dall’ingestione. Le manifestazioni cliniche e l’evoluzione prognostica dipende dal livello d’ipernatremia raggiunto, dalla diagnosi precoce e dalla tempestiva e corretta gestione terapeutica.
Quest’ultima risulta un problema molto complesso, per la necessità di correggere adeguatamente, ma non troppo velocemente (per rischio di mielinolisi, edema cerebrale, emorragie o trombosi) la sodiemia, che non deve superare i 10-15 mEq/l/die.
È quindi fondamentale conoscere tale problematica per prevenirla, sospettarla e quindi trattarla prontamente.
PUBBLICATO SULLA RIVISTA DI PEDIATRIA PREVENTIVA E SOCIALE N°1 ANNO 2018 PAGG. 27-31