La vulvodinia è una malattia molto frequente. Si tratta di una sindrome dolorosa spesso trascurata nonostante sia molto diffusa e vada ad inficiare notevolmente la salute sessuale di molte donne. Si è visto infatti che colpisce circa il 12-15% delle donne. In Italia ne soffre una donna su 7.
Purtroppo è ancora oggi molto spesso non diagnosticata oppure diagnosticata tardivamente, a tal proposito viene anche denominata “malattia invisibile”. Tutto ciò fa sì che non venga curata per anni. In passato la vulvodinia veniva classificata tra le “malattie psicosomatiche”, in realtà è una patologia con solide basi biologiche che ricadono nell’ambito ginecologico.
[mdspecresult id=”24″]Cause della vulvodinia
La vulvodinia ha cause complesse e ancora poco chiare. Molto probabilmente alla base del disturbo vi è un’iperattività dei mastociti che sono delle cellule del sistema immunitario e vanno ad indurre uno stato infiammatorio cronico. Se infatti si ha un’esposizione prolungata ad un agente irritativo oppure infettivo si ha come risposta un’iperattivazione del sistema immunitario.
Si è visto che le donne che hanno avuto per anni infezioni croniche da candida oppure gardnerella o E.coli hanno una maggiore tendenza a sviluppare la vulvodinia. Stessa cosa accade nelle donne che soffrono di secchezza vaginale per via della carenza di estrogeni, per l’uso di detergenti aggressivi oppure per l’uso di indumenti stretti e sintetici. I mastociti così iperattivati producono una serie di sostanze flogistiche che provocano rossore e attivano la produzione del nerve growth factor (NGF, fattore di crescita nervoso) che promuove la proliferazione delle terminazioni deputate alla percezione del dolore.
In associazione all’iperattività dei mastociti vi sono numerosi altri fattori che contribuiscono allo sviluppo del dolore cronico vulvare come l’ipertono del pavimento pelvico oppure lesioni del nervo pudendo dovute al parto o a traumi.
Classificazione della vulvodinia
Generalmente la vulvodinia viene classificata in base al tipo di sintomi che compaiono ed in base alla localizzazione del disturbo. Abbiamo quindi:
- Vulvodinia spontanea. In questo caso si avverte dolore sempre anche se non c’è un reale stimolo fisico.
- Vulvodinia provocata. In questa situazione invece il dolore si ha quando avviene la penetrazione vaginale, lo sfregamento oppure addirittura il solo contatto.
- Vulvodinia generalizzata: il fastidio o dolore viene avvertito a livello dell’area vulvare, del perineo e della zona perianale.
- Vulvodinia localizzata: si avverte dolore solo in precise zone, come vestibolo e/o clitoride.
La forma più frequente di vulvodinia è quella che si sviluppa nel periodo post menopausa, in questo caso il fastidio non è solo a livello della vulva ma si estende anche al retto e all’uretra.
[mdspecresult id=”24″]Sintomi della vulvodinia
I sintomi principali della vulvodinia sono:
- Il dolore spontaneo e/o fastidio al contatto del vestibolo vaginale.
- Il rossore a livello della vulva e del vestibolo.
- Dolore durante rapporti sessuali.
- Bruciore, ma NON prurito.
- Sensazione di “punture di spillo”.
- Secchezza.
- Gonfiore della vulva.
Trattamento della vulvodinia
Delle donne che riferiscono di avere dolore cronico a livello vulvare solo il 60% si rivolgono al medico e circa metà di loro non riceve diagnosi di vulvodinia. La reticenza delle donne nell’esporre il loro problema al medico è spesso di origine culturale legato al timore di venire stigmatizzate oppure fraintese o non comprese. Uno studio epidemiologico Europeo condotto nel 2019 ha dimostrato che solo il 10-25% delle donne riceve una diagnosi corretta durante la prima visita ginecologica e che solo il 20% dei ginecologi riesce ad iniziare un trattamento adeguato.
La terapia è infatti complessa fondamentalmente perché necessita di un approccio olistico multimodale e multidisciplinare ovvero c’è bisogno dell’impiego di più terapie coordinate formulate da più medici specialisti
Esistono alcuni rimedi farmacologici che possono aiutare a ridurre la sintomatologia. Per esempio si può provare ad applicare sulla regione vulvare dei farmaci topici come la lidocaina che è un anestetico locale o il sodio cromoglicato che ha la capacità di stabilizzare le membrane dei mastociti permettendo lo stop dell’infiammazione neurogena. Si può usare anche l’amiptriptilina o il gabapentin. In alcuni casi si possono somministrare farmaci antidepressivi oppure anticonvulsivanti.
La riabilitazione del pavimento pelvico può giocare un ruolo importante. Infatti la fisioterapia mirata all’allenamento del pavimento pelvico e all’impiego di tecniche di auto-rilassamento giovano moltissimo nelle donne con vulvodinia e ipertonia dei muscoli vaginali.
Può rilevarsi infine molto utile la psicoterapia cognitivo-comportamentale e la terapia sessuologica.
[mdspecresult id=”24″]Oltre a tutto ciò è opportuno anche:
Prevenire la comparsa di infezioni stando attente alla propria igiene intima: si deve praticare un’accurata igiene quotidiana e post-coitale ma non deve assolutamente essere eccessiva perché potrebbe andare ad alterare le naturali difese immunitarie. Pertanto è importante usare prodotti a pH delicato. Bisogna evitare salviette intime profumate e creme depilatorie sulla vulva.
È fondamentale limitare il più possibile l’uso di salvaslip occlusivi ed antitraspiranti, assorbenti interni e biancheria intima sintetica. Accorgimento dietetico è bere molta acqua e favorire probiotici, cibi poveri di zuccheri e senza lieviti.