Diversi studi hanno mostrato che il nuovo coronavirus SARS-CoV2 aumenta il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari, tra cui sindrome coronarica acuta, miocardite, cardiomiopatia con disfunzione ventricolare, tromboembolia e varie aritmie. Inoltre alcuni farmaci usati per trattare il COVID-19 possono causare complicazioni cardiache, per esempio l’idrossiclorochina e l’azitromicina provocano un prolungamento dell’intervallo QT e varie aritmie.
Nel nostro articolo ci concentreremo sulla Sindrome di Takotsubo. Ne vedremo i criteri diagnostici, i trattamenti e cercheremo di capire se la pandemia ne ha aumentato l’incidenza sia a causa di complicazioni causate direttamente o indirettamente dal virus sia per il bilancio psicosociale della pandemia stessa.
Cos’è la sindrome di Takotsubo e come si tratta
La sindrome di Takotsubo è una condizione cardiovascolare nota anche come cardiomiopatia indotta da stress o malattia del cuore infranto. È caratterizzata da una disfunzione ventricolare segmentale acuta non coronarica. Si verifica comunemente come reazione a un grave stress emotivo o fisico e può causare problemi significativi. I pazienti presentano sintomi che imitano la sindrome coronarica acuta, come per esempio mancanza di respiro, ipotensione e dolore toracico. Per diagnosticare la cardiomiopatia indotta da stress si utilizzano strumenti come l’ecocardiografia e l’angiografia coronarica.
Poiché si pone diagnosi di Sindrome di Takotsubo per esclusione, gli angiogrammi non rivelano blocchi coronarici significativi, mentre gli ecocardiogrammi dimostrano una disfunzione ventricolare sinistra segmentale.
In genere si utilizzano ACE inibitori, beta bloccanti e diuretici per il trattamento dell’insufficienza cardiaca che ne deriva. Le terapie a lungo termine sono sconosciute, ma è stato dimostrato che l’uso di beta-bloccanti riesca a prevenire le recidive e a ridurre l’impatto degli ormoni dello stress. I pazienti possono anche sottoporsi a psicoterapia per promuovere la riabilitazione dallo stress emotivo. La disfunzione del ventricolo sinistro provocato dalla Sindrome di Takotsubo si risolve solitamente nell’arco di qualche settimana. La maggior parte dei pazienti guarisce completamente entro 2 mesi.
Aumenti dell’incidenza della sindrome di Takotsubo durante la pandemia COVID-19
L’aumentata incidenza della Sindrome di Takotsubo nella popolazione generale è stata rilevata da un ampio studio di coorte condotto presso la Cleveland Clinic. Sono stati analizzati 1914 pazienti che presentavano sindrome coronarica acuta, una diagnosi che deve essere esclusa prima di diagnosticare la cardiomiopatia indotta da stress.
La ricerca ha rilevato che il 7,75% dei pazienti che si presentavano con sindrome coronarica acuta erano affetti invece da cardiomiopatia indotta da stress dovuta alla pandemia COVID-19. Prima della pandemia infatti solo tra l’1,5% e l’1,8% dei pazienti in questa popolazione aveva ricevuto diagnosi di Sindrome di Takotsubo. Lo studio ha dimostrato quindi un forte aumento dell’incidenza di Sindrome di Takotsubo durante la pandemia. Tutto ciò suggerisce una connessione tra le due condizioni.
Accanto a questo aumento dei casi di Sindrome di Takotsubo all’interno della popolazione non infetta, case report e studi più ampi hanno suggerito che vi è un maggior tasso di diagnosi di Sindrome di Takotsubo nei pazienti positivi per COVID-19. Uno studio che esamina questo collegamento è stato eseguito dalla European Association of Cardiovascular Imaging. Sono stati sottoposti 1216 pazienti positivi a COVID-19 all’ecocardiografia per determinare le potenziali implicazioni cardiovascolari del virus. Lo studio ha concluso che il 2% dei pazienti presentava in concomitanza all’infezione la cardiomiopatia indotta da stress. Tale percentuale è significativamente più alta rispetto alla popolazione generale.
In uno studio condotto presso il Mount Sinai Hospital, 118 pazienti affetti da COVID-19 sono stati sottoposti a ecocardiografia transtoracica. È emerso che il 4,2% dei pazienti presentava caratteristiche compatibili con la cardiomiopatia indotta da stress.
Storia medica associata a COVID-19 e sindrome di Takotsubo
Nella review pubblicata su “Current Problems in Cardiology” con il titolo “Takotsubo Syndrome and COVID-19: Associations and Implications”sono stati analizzati diversi casi clinici. Si è visto che COVID-19 e lo sviluppo della sindrome di Takotsubo presentano molte condizioni cliniche predisponenti in comune come per esempio l’ipertensione, la storia di diabete mellito, il sesso e l’età.
Dei 15 pazienti analizzati nelle segnalazioni, 10 pazienti (66%) avevano ipertensione arteriosa tra le comorbidità. L’ipertensione implica l’aumento delle ospedalizzazioni nei pazienti COVID-19. Diversi studi retrospettivi hanno inoltre dimostrato che si associa a esiti peggiori. L’ipertensione è la condizione concomitante che si presenta più spesso nei pazienti affetti da COVID-19 che presentano la cardiomiopatia da Takotsubo.
Una storia di diabete mellito si è osservata in 7 pazienti (47%). Come l’ipertensione, il diabete è associato a prognosi sfavorevole nei pazienti affetti da COVID-19. Ricerche precedenti hanno suggerito inoltre che spesso i pazienti con cardiomiopatia da Takotsubo presentano in concomitanza il diabete.
Undici pazienti (73% della popolazione analizzata) con COVID-19 e cardiomiopatia da Takotsubo erano donne. Le donne sono a maggior rischio di sviluppare la sindrome di Takotsubo, ne rappresentano infatti il 90% dei casi. Il sesso di un paziente può quindi essere un importante predittore di cardiomiopatia da Takotsubo.
Le diagnosi di sindrome di Takotsubo vengono poste prevalentemente nei pazienti anziani. Come previsto, tutti i pazienti con diagnosi di sindrome di Takotsubo negli studi presi in considerazione avevano un’età ≥ 50 anni. È interessante notare che i tassi di mortalità da COVID-19 sono più alti nei pazienti più anziani.
Perché l’incidenza della sindrome di Takotsubo è aumentata durante la pandemia?
La cardiomiopatia di Takotsubo è provocata da un grave stress emotivo o fisico, che può portare a una rapida disfunzione cardiaca. Tali fattori scatenanti includono emozioni intense come paura, rabbia, dolore e ansia. Durante la pandemia COVID-19 c’è un aumento ben documentato del disagio psicosociale ed economico.
Diversi studi hanno evidenziato un peggioramento dell’ansia, del panico e della depressione. Gli effetti negativi sulla salute mentale sono conseguenza diretta del distanziamento sociale, delle preoccupazioni economiche e della paura di contrarre il virus. Questi effetti possono essere responsabili di un aumento dell’incidenza della cardiomiopatia indotta da stress nella popolazione generale.
In particolare, lo studio condotto presso la Cleveland Clinic su pazienti che si presentano con sindrome coronarica acuta ha suggerito che l’aumento generalizzato dell’incidenza della sindrome di Takotsubo all’interno della popolazione complessiva non è dovuto tanto alla coesistenza di COVID-19, ma potrebbe essere invece causato del peggioramento delle condizioni di salute mentale.
Molti casi clinici suggeriscono che l’ansia associata alla pandemia abbia aumentato l’incidenza della sindrome di Takotsubo. Dei tredici casi clinici analizzati, otto hanno messo in evidenza i fattori psicosociali che contribuiscono alla diagnosi di sindrome di Takotsubo. In alcuni casi, l’Autore ha notato che lo stress causato dalla diagnosi e dal trattamento per il COVID-19 era la causa più probabile di sindrome di Takotsubo.
Connessioni fisiopatologiche tra COVID-19 e cardiomiopatia indotta da stress
Come abbiamo già detto diversi studi dimostrano che c’è una maggiore incidenza di sindrome di Takotsubo nei pazienti con COVID-19. Questa associazione può essere spiegata, come abbiamo già riportato, non solo dal disagio psicologico che la pandemia induce, ma anche da potenziali legami fisiopatologici tra le due condizioni. Sebbene queste connessioni dirette non siano state ancora completamente comprese, possono essere attribuibili a tre fattori:
- Risposta immunitaria iperattiva dovuta alla tempesta di citochine;
- Aumento della produzione di catecolammine da parte del sistema nervoso simpatico;
- Sviluppo di disfunzione microvascolare.
Nei pazienti affetti da COVID-19 si verifica una vera e propria tempesta di citochine. Si ha infatti un importante aumento del rilascio nel flusso sanguigno di citochine e chemochine pro-infiammatorie, come il fattore di necrosi tumorale-α, IL-6 e IL-1β. Si è ipotizzato che il rilascio di questi agenti sia dovuto ad una maggiore permeabilità dei vasi per via dell’apoptosi delle cellule epiteliali/endoteliali. Quando questi agenti proinfiammatori vengono rilasciati si ha una compromissione della funzione cardiaca. Si verifica infatti spesso un danno miocardico che può portare alla sindrome di Takotsubo.
Insieme alla tempesta di citochine si ha anche un aumento dell’attività del sistema nervoso simpatico. Tutto ciò provoca una sorta di “stordimento miocardico” indotto dalle catecolamine, portando così allo sviluppo di cardiomiopatia provocata da stress.
La disfunzione microvascolare è un’altra condizione che si verifica nei pazienti con COVID-19 e che è stata associata alla cardiomiopatia indotta da stress. La disfunzione microvascolare coronarica fa supporre quindi che il responsabile della sindrome di Takotsubo sia un meccanismo fisiologico. Tuttavia, non è ancora chiaro se questo coinvolgimento ne sia la causa principale o un evento secondario. Nei pazienti COVID-19 la disfunzione microvascolare può essere dovuta ad una eccessiva risposta infiammatoria sistemica e alla formazione di microtrombi per lo stato di ipercoagulabilità che si verifica. Pertanto, sia come fattore primario che secondario, la disfunzione microvascolare nei pazienti con COVID-19 si correla direttamente con la sindrome di Takotsubo.
Precedenti disastri e sindrome di Takotsubo
Come abbiamo illustrato, il principale responsabile dell’aumentata incidenza della sindrome di Takotsubo nella pandemia COVID-19 è l’incremento del disagio psicologico. In effetti, i dati mostrano che ci sono stati anche prima della pandemia dei picchi nell’incidenza della sindrome. Nel 2004 è stato registrato un forte terremoto di magnitudo 6,8 della scala Richter nella prefettura di Niigata in Giappone.
Entro un mese dal terremoto, 16 pazienti hanno presentato la sindrome di Takotsubo. Ben 11 di questi pazienti (68,75%) hanno ricevuto diagnosi proprio il giorno in cui il disastro si è verificato. Inoltre, 13 di questi pazienti vivevano molto vicino all’epicentro del terremoto. Un terremoto di proporzioni simili è stato registrato nel 2011, e ha devastato Christchurch, in Nuova Zelanda, provocando ben 185 vittime. Entro 4 giorni dal terremoto, 21 donne hanno ricevuto diagnosi di sindrome di Takotsubo in risposta al disagio provocato dalla crisi. Tutto ciò ha segnato un aumento drammatico dell’incidenza della sindrome rispetto ai suoi livelli tipici.
Nel 2011 è stato condotto uno studio negli Stati Uniti che ha messo a confronto i tassi di incidenza di sindrome di Takotsubo all’interno di ogni Stato. Dopo aver controllato le dimensioni della popolazione, il Vermont aveva il più alto rapporto di casi (380 per 1.000.000), seguito dal Missouri (169 per 1.000.000). Si è notato che il Vermont è stato colpito dalla tempesta tropicale Irene quell’anno, mentre il Missouri è stato colpito dal tornado di Joplin, uno dei tornado più mortali nella storia degli Stati Uniti. La causa dell’aumentata incidenza della malattia è da attribuirsi proprio alla devastazione e alle conseguenti ripercussioni psicologiche di tali eventi naturali.
Conclusioni
L’associazione tra cardiomiopatia indotta da stress e COVID-19 sottolinea l’importanza di stabilire un protocollo per migliorarne il trattamento. Studiando le connessioni fisiologiche tra le due condizioni, è possibile determinare le terapie più congeniali, come l’anticoagulazione per la disfunzione microvascolare o la terapia immunosoppressiva per la tempesta di citochine. Nel breve termine, con la pandemia che permea la nostra vita di tutti i giorni, è importante trattare COVID-19 come una condizione sistemica piuttosto che solo respiratoria. La cardiomiopatia indotta da stress è in definitiva una delle tante conseguenze del virus che merita ulteriori ricerche al fine di individuare la cura migliore per il paziente.