Impatto dei calcoli renali sulla salute e strategie moderne di prevenzione e cura
La calcolosi renale, chiamata anche litiasi, è tra le patologie più comuni e anche tra le più antiche. Veniva infatti chiamata “mal della pietra”! Il calcolo urinario più antico risale al 4800 A.C. e fu scoperto nella pelvi di una mummia egiziana!
Secondo i dati forniti dal “National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES)” la prevalenza globale di calcolosi sintomatica è intorno al 9-10 % con prevalenza dei maschi (16%) rispetto alle femmine (8%).
[mdspecresult id=”37″]Circa l’80% dei calcoli contengono calcio, usualmente calcio ossalato. Nel nostro articolo vedremo come si formano i calcoli renali, che sintomatologia possono provocare, come si pone diagnosi e che tipo di terapia è più indicata.
Per maggiori informazioni sui calcoli ai reni, come si formano, che sintomatologia possono provocare, come si pone diagnosi e che tipo di terapia è più indicata, puoi chiedere un consulenza a un urologo online o a un nefrologo online a cui porre tutte le domande che desideri.
Registrati su Doctorium e chiedi un consulto.
Perché si formano i calcoli renali
I calcoli si formano quando i soluti si cristallizzano nell’urina. L’urolitiasi può verificarsi per via di particolari caratteristiche anatomiche che portano a stasi urinaria oppure può essere dovuta ad un volume di urina ridotto, a fattori dietetici (come per esempio all’alto contenuto di ossalato o all’alto contenuto di sodio), ad infezioni del tratto urinario, all’acidosi sistemica, all’azione di farmaci oppure a fattori genetici non comuni come la cistinuria.
La causa più comune però rimane l’idratazione inadeguata e il conseguente basso volume di urina. Gli altri quattro fattori più comuni che contribuiscono alla formazione di calcoli urinari sono l’ipercalciuria, l’iperossaluria, l’iperuricosuria e l’ipocitraturia.
Tipi di calcoli renali
Esistono quattro tipi di calcoli renali:
- Calcoli di calcio (dovuti a iperparatiroidismo, perdita renale di calcio, iperossaluria, ipomagnesemia e ipocitraturia);
- I calcoli di acido urico sono associati a pH urinario inferiore a 5, elevato apporto di alimenti purinici (pesce, legumi, carne) oppure al cancro o alla gotta;
- Calcoli di struvite (causati da organismi gram negativi-ureasi positivi che scompongono l’urea in ammoniaca. Gli organismi comuni includono pseudomonas, proteus e klebsiella. E coli non è associato ai calcoli di struvite);
- I calcoli di cistina sono dovuti a un difetto metabolico intrinseco che causa l’incapacità dei tubuli renali di riassorbire cistina, lisina, ornitina e arginina.
Come si formano i calcoli renali
La maggior parte dei calcoli urinari iniziano come placca di Randall a livello della giunzione del tubulo collettore del nefrone e della pelvi renale nella papilla. Queste placche iniziano suburoteliali e poi crescono gradualmente fino a penetrare nella pelvi renale. Una volta in contatto con l’urina, in genere iniziano a formarsi strati di ossalato di calcio sul nidus di fosfato di calcio (tutte le placche di Randall sono composte da fosfato di calcio).
I calcoli di ossalato di calcio tendono a formarsi quando il pH urinario è inferiore a 7,2 mentre il fosfato di calcio si forma nelle urine più alcaline. L’iperparatiroidismo e disturbi metabolici simili come l’acidosi tubulare renale formano calcoli che sono principalmente o significativamente composti da fosfato di calcio. L’urina eccessivamente acida è la causa principale dei calcoli di acido urico (non iperuricosuria).
La maggior parte dei calcoli renali è costituita da calcio, seguito da cristalli di urato. La sovrasaturazione delle urine è il denominatore comune in tutti i casi di calcoli renali. In alcuni casi, i calcoli di ossalato di calcio possono depositarsi nella papilla renale.
I calcoli di fosfato di calcio di solito precipitano nella membrana basale dell’ansa sottile di Henle. Il dolore colico è solitamente dovuto alla dilatazione e allo spasmo dell’uretere.
Calcoli e coliche
I pazienti con calcolosi renale presentano più comunemente dolore acuto e grave al fianco che spesso si irradia all’addome e specialmente all’inguine, ai testicoli e alle grandi labbra. È spesso acuto e severo e si associa a nausea e vomito per via delle origini embriologiche del tratto urogenitale.
Il dolore da colica renale di solito raggiunge il picco in 90-120 minuti e si irradia lungo i dermatomi T10-S4. Durante la prima fase il dolore è costante, poi diventa lancinante. La seconda fase è caratterizzata di nuovo da dolore costante che può durare 3-4 ore. La terza fase è associata ad un lieve sollievo dal dolore. Questa fase può durare 4-16 ore.
I pazienti possono anche presentare febbre, brividi o altri segni sistemici di infezione. Questa condizione, chiamata pionefrosi o pielonefrite ostruttiva, è potenzialmente grave e pericolosa e richiede spesso un intervento chirurgico di decompressione d’urgenza.
L’85% dei pazienti presenta ematuria microscopica all’analisi delle urine.
L’esame fisico può rivelare dolorabilità costovertebrale e rumori intestinali ipoattivi. La febbre si osserva raramente nella colica renale, ma la presenza di febbre, piuria e leucocitosi può essere indicativa di pielonefrite.
Come si fa la diagnosi
È necessario effettuare le analisi delle urine se si sospetta la presenza di un calcolo renale. Di solito si ha ematuria, anche se circa il 15% dei pazienti con calcoli renali non la presenta nemmeno in forma microscopica. La presenza di cristalli urinari può suggerire urolitiasi. Nitriti, leucociti e batteri positivi suggeriscono invece la presenza di un’infezione.
L’RX addome può essere utile per individuare la presenza di nefrolitiasi significativa, ma spesso può mancare i calcoli piccoli, nascosti dall’intestino o non calcificati.
L’ecografia invece può essere molto utile per valutare l’ostruzione e la conseguente idronefrosi, specialmente in gravidanza dove gli studi a raggi X non si possono effettuare. Può anche essere usato per misurare l’indice resistivo che può suggerire un’ostruzione ureterale. L’ecografia può anche identificare i calcoli di acido urico e altri calcoli non calcifici se sono sufficientemente grandi (di solito superiori a 4 mm).
Il test più sensibile e affidabile per diagnosticare l’urolitiasi è una TAC addominale e pelvica senza contrasto, che fornirà anche informazioni sull’ostruzione e sulla conseguente idronefrosi.
Trattamento e gestione dei calcoli renali
I calcoli più piccoli (meno di 5 mm) hanno una maggiore probabilità (90%) di essere espulsi grazie alla terapia idropinicae all’uso di alcuni farmaci come la tamsulosina, la nifedipina o l’alfuzosina. Qualsiasi accenno di infezione del tratto urinario deve invece essere trattato in modo aggressivo con antibiotici.
La gestione acuta richiede idratazione endovenosa, analgesia e farmaci antiemetici.
Gli studi dimostrano che la desmopressina può ridurre il dolore dei calcoli renali. Rapporti aneddotici indicano che l’uso di calcio-antagonisti può fornire sollievo dal dolore perché provoca rilassamento dell’uretere e aiuta il passaggio del calcolo. Altri raccomandano l’uso di alfa-bloccanti.
Vi sono dei casi in cui è necessario un intervento urgente.
- Un calcolo ostruttivo in un paziente con un’infezione del tratto urinario, febbre o sepsi. (Questo è chiamato pionefrosi o pielonefrite ostruttiva e richiede una decompressione chirurgica urgente mediante urologia o radiologia interventistica);
- Nausea o dolore che non si riesce a controllare con la gestione ambulatoriale;
- Un calcolo ostruttivo in un rene solitario;
- Qualsiasi grado di ostruzione bilaterale simultanea che può facilmente portare a insufficienza renale;
- Qualsiasi grado di ostruzione con aumento della creatinina.
La terapia di dissoluzione non funziona per i calcoli di calcio, ma può essere utilizzata per gestire i calcoli di acido urico e i calcoli di cistina. Gli acidi urici possono essere sciolti rendendo l’urina alcalina con bicarbonato di sodio. Inoltre, l’allopurinolo può essere utilizzato per ridurre l’escrezione di acido urico.
I diuretici tiazidici sono raccomandati per i pazienti con calcoli ricorrenti. I calcoli di cistina possono essere gestiti con D-penicillamina, assunzione aggressiva di liquidi e alcalinizzazione.